Sulla natura dell’ISC nei contratti di mutuo

Nel contenzioso bancario si è recentemente acceso un dibattito sulla natura dell’ISC (Indicatore Sintetico di Costo). La questione riguarda la possibilità da parte del mutuatario di ottenere un risarcimento in caso di inesatta (o omessa) indicazione dell’ISC all’interno del contratto di mutuo ipotecario. Si tratta di una fattispecie molto frequente e per questo molto dibattuta.

Vediamo di fare chiarezza.

L’art. 117 TUB ai commi 4 e 6 prevede che i contratti di credito (compresi quelli di mutuo) indichino correttamente “il tasso d’interesse, ogni altro prezzo e condizione praticati”.

 

4. I contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora

6. Sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati.

7. In caso di inosservanza del comma 4 e nelle ipotesi di nullità indicate nel comma 6, si applicano:

a) il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell’operazione.

 

Dal momento che il tasso nominale minimo dei BOT annuali è molto basso (attualmente negativo), se l’errata indicazione dell’ISC si configura come violazione del comma 6, allora, per il comma 7, il mutuatario ha diritto a un cospicuo risarcimento, che comprende buona parte degli interessi pagati o da pagare in futuro. Tornando ai commi 4 e 6, poiché “tassi” e “prezzi” sono anche “condizioni”, è chiaro che il legislatore intende includere quante più fattispecie possibili.

Vediamo che cos’è l’ISC: se è una condizione, un tasso, un prezzo o altro.

L’obbligo di indicazione dell’ISC è entrato in vigore con la delibera del CICR del 04/03/2003 che lo definisce come il “costo effettivo dell’operazione per il cliente” . Lo stesso CICR demanda alla Banca d’Italia la definizione di una formula e l’individuazione delle operazioni (tipologie di contratti) per le quali l’indicazione dell’ISC è obbligatoria.

 

Per il CICR, l’ISC è un costo ovvero una “condizione” economica e comprende sia gli interessi (“il tasso”), che gli oneri (“i prezzi”).

La Banca d’Italia, nelle sue Disposizioni di Vigilanza del luglio 2003 (quelle conseguenti alla delibera CICR del 2003 e vigenti alla data di stipula del mutuo, 28/02/2007) pone l’ISC tra le “condizioni economiche dell’operazione o del servizio”. Anche per la Banca d’Italia, l’ISC è una “condizione”.

Inoltre, sempre secondo la Banca d’Italia, l’ISC coincide con il “tasso annuo effettivo globale” dell’operazione. Nei fatti e per formulazione matematica è un “tasso”, il tasso che determina “il costo effettivo dell’operazione per il cliente”.

In estrema sintesi:

  • l’art. 117 TUB (commi 4, 6 e 7) non comprende soltanto i “prezzi”, ma anche il “tasso” e “ogni altra condizione”.
  • Per il CICR (organo demandato dal TUB, art. 116 comma 3), l’ISC rappresenta il “costo effettivo dell’operazione”, quindi rientra a tutti gli effetti nella definizione di “condizione” economica.
  • Per la Banca d’Italia (organo demandato a sua volta dal CICR), l’ISC rientra tra le “condizioni economiche dell’operazione” ed è formulato e calcolato come un “tasso”.

L’ISC rientra nella definizione di “condizione” economica e nei fatti è un “tasso”. Rientra quindi a pieno titolo nelle definizioni dell’art. 117 TUB.

Secondo parte della giurisprudenza di merito, l’ISC non determinerebbe invece alcuna condizione economica direttamente applicabile. Al contrario, assolverebbe unicamente una funzione informativa di trasparenza, consentendo al cliente di conoscere preventivamente il costo complessivo del finanziamento. Conseguentemente, l’inesatta indicazione dell’ISC/TAEG non comporterebbe una maggiore onerosità del finanziamento ma solo un’erronea interpretazione del suo costo complessivo.

Per quanto visto sopra, si tratta di una tesi non difendibile.

Il titolo VI del TUB riguarda appunto la “Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti”. È quindi per questa precisa funzione che opera l’art. 117 TUB ed è proprio l’inesatta indicazione o rappresentazione dei costi che viene sanzionata dall’art. 117 TUB. Occorre ricordare che i contratti bancari sono stipulati in un contesto di asimmetria informativa e ricade sempre sulla banca l’obbligo di informare in maniera chiara, precisa e perfettamente trasparente.

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