Usura Penale, un presidio inefficace. Perché è sbagliato dare la colpa alla legge.

Sono ormai passati oltre 20 anni dalla entrata in vigore della legge 108/96, che ha introdotto nell’ordinamento italiano le soglie di usura e il concetto di usura bancaria. In occasione della ricorrenza, l’AssoCTU ha organizzato un interessante convegno di 4 giorni, tra Roma e Milano, con la partecipazione di illustri specialisti del settore.

Negli ultimi anni, il grande sviluppo del contenzioso in diritto bancario, sia in ambito civile che penale, ha posto non pochi interrogativi negli esperti del settore. Molti si sono chiesti se sia stata una diretta conseguenza della crisi economica, oppure se la colpa sia da ricercare in una legge in qualche modo fumosa, soggetta cioè ad interpretazioni giuridiche che avrebbero dato adito al fiorire delle cause. Altri esperti hanno additato la Banca d’Italia come responsabile, perché le sue istruzioni, spesso intervenute a posteriori e a difesa del ceto bancario, avrebbero dato spazio ad interpretazione più “morbide” della legge antiusura. Si pensi per esempio alla fantasiosa maggiorazione della soglia di mora, introdotta con una circolare nel 2013 per “rattoppare” l’ennesima sentenza della Cassazione che ribadiva la rilevanza della mora ai fini usura. Come ama ricordare il Dott. Marcelli, presidente di AssoCTU, Banca d’Italia ha come obiettivo primario la stabilità del sistema bancario italiano ed è normale che, potendo scegliere, non opterebbe mai per un’interpretazione severa della legge, che abbia la remota possibilità di destabilizzare i bilanci degli istituti bancari.

Ora, è indubbio che una parte rilevante del contenzioso dipende dalla pura necessità. La piccola e media impresa italiana, così fiorente nei primi anni duemila, è stata lasciata sola dalle istituzioni durante la crisi economica. Schiacciati tra tasse, burocrazia e finanza aggressiva, gli imprenditori italiani sono quelli che hanno pagato più di tutti il prezzo della crisi. A ruota, la disoccupazione dilagante ha causato il resto delle sofferenze (diventate famose con il nome di NPL, non performing loans), per lo più legate ai mutui per la casa. La magistratura è stata chiamata all’arduo compito di dispensare giustizia ed equità sociale in un contesto disastroso, aprendo un sottile spiraglio in quelle porte che tutte le altre istituzioni hanno sbattuto in faccia agli italiani vessati dalla crisi.

Mettendo per un momento da parte il discorso legato alla contingenza economica, ritengo che sia legittimo chiedersi se il resto del contenzioso sia stato causato da un’incertezza nell’applicazione della legge, dovuta alle interpretazioni extra–mandato della Banca d’Italia oppure a una certa fumosità della legge. In merito, la mia opinione è drastica: la legge antiusura è a prova di stupido e le interpretazioni della Banca d’Italia sono irrilevanti, perché al di fuori del suo mandato di legge.

C’è un altro fattore, che reputo invece determinante. È la mancanza assoluta di un reale presidio penale. Spesso ci dimentichiamo che la legge anti usura fa parte del codice penale e prevede pene severe, tra cui la reclusione da due a dieci anni. Ma hanno mai condannato un banchiere?

Ho avuto la fortuna di poter partecipare alla sessione di Milano del convegno che ricordavo sopra, dove ho ascoltato con attenzione l’intervento della Dott.ssa Rosini, Giudice del Tribunale di Palermo. Secondo la dottoressa, ci sono state in Italia soltanto 7 condanne in primo grado nei confronti di banche, tutte riformate in corte d’appello. Nessuna sentenza definitiva. Il resto dei procedimenti è stato archiviato dalle procure italiane.

Allora l’usura non esiste? Sì che esiste, perché in campo civile, ogni giorno e in tutti i tribunali d’Italia, si leggono sentenze in applicazione dell’art. 1815 c.c. I giudici, riconoscendo l’applicazione di tassi oltre soglia, condannano le banche a restituire ai clienti tutti gli interessi addebitati.

Come è possibile che la medesima legge e i medesimi criteri di applicazione causino risultati così distanti in campo penale rispetto a quello civile? Leggendo i provvedimenti di archiviazione delle procure, emergono due ragioni principali.

La prima è la difficoltà di accertare le responsabilità. Le banche sono organizzazioni complesse: nei meandri degli organigrammi aziendali è estremamente difficile accertare le responsabilità dell’uno o dell’altro. Non dobbiamo dimenticare che il reato penale è personale, perciò va individuato un colpevole. Non è facile stabilire se un tasso usurario dipende dall’errore di un software, da un’errata programmazione, da una linea guida, una procedura interna, dalla discrezione di un singolo manager o impiegato…

La seconda ragione, in un certo senso collegata alla prima, è la necessità del dolo. Oltre a dover individuare un colpevole, è necessario che questo colpevole sia consapevole di aver applicato un tasso usurario. Ora, a un profano appare ovvio che un dirigente di banca sia obbligato a conoscere le leggi antiusura, il TUF e il TUB a menadito. Eppure, a quanto pare, i bancari sono l’unica categoria (o una delle poche) per i quali non vige il principio generale “ignorantia legis non excusat”.

A questo punto, un lettore di estrazione bancaria penserà che chi scrive è un giustizialista frustrato, che vorrebbe soltanto vedere qualche banchiere in galera, così, per vendetta. Forse. Ma non è questo il punto. D’altra parte, se chi legge è un imprenditore, potrebbe pensare: bene, ora so che se voglio giustizia devo fare causa civile, non penale; quello che mi interessa è riavere i miei soldi, mandare in galera qualcuno non aiuta la mia azienda. Vero. Ma c’è un altro aspetto che va considerato.

Senza un presidio penale “effettivo”, una banca che opera a cavallo del limite di legge è avvantaggiata rispetto alla concorrenza. Otterrà maggiori margini di guadagno e li otterrà subito. Forse in futuro sarà soggetta ad un maggiore contenzioso, ma tutto si limita a un ragionamento economico: delle persone che ho raggirato, quante mi faranno causa? Quante di queste cause perderò? Quanti soldi dovrò rimborsare? Le perdite saranno più o meno dei guadagni? Se la responsabilità è solo civile, tutto è ricondotto a semplice convenienza economica, al massimo di reputazione o di opportunità. Al contrario, un dirigente soggetto alla responsabilità penale opera con prudenza, cautelandosi nel rispetto della legge. Penso che l’usura e, più in generale, il debito privato possano avere ripercussioni sociali devastanti, che non possono essere lasciate in mano al bilancino di un banchiere.

Un esempio recente, molto significativo, è quello che è successo nel 2014 con l’anatocismo. Si tratta di una pratica vietata dal codice civile, tranne alcune eccezioni, che al contrario dell’usura non è soggetta ad alcun presidio penale. La legge di stabilità del dicembre 2013 ha escluso una delle eccezioni, che dal 2000 consentiva alle banche italiane di capitalizzare gli interessi a debito nei conti correnti. Tuttavia, nel 2014, nessuna banca, tranne rarissime eccezioni, si è adeguata al nuovo regime. Tutte le banche hanno continuato a drenare interessi anatocistici come se non fosse cambiato niente. Per ogni conto corrente, preso singolarmente, si è trattata di qualche decina o al massimo centinaia di euro. Per un singolo imprenditore è un giochetto trascurabile, ma sommando i milioni di conti correnti italiani, l’effetto sulle casse bancarie è stato certamente rilevante. Dal luglio 2015, in seguito ad un’ordinanza del Tribunale di Milano, le banche italiane hanno iniziato lentamente ad adeguarsi, finché, nel 2016, hanno ottenuto la reintroduzione dell’anatocismo grazie a Renzi.

Certo, oggi per un imprenditore è possibile ottenere il rimborso di tutti gli interessi illeciti addebitati tra il 2014 e il 2016, se attiva una causa civile o un arbitrato. Tuttavia, di tutti gli imprenditori raggirati, quanti chiedono il rimborso? Le banche hanno giocato sporco e hanno vinto.

Vero è che le banche perdono continuamente nei tribunali e nei gradi superiori di giudizio, quando le si attacca. La loro vittoria è sui grandi numeri. Continuando a violare sistematicamente le leggi, a quanto può ammontare il danno nei loro bilanci, costituito dalle restituzioni che sono condannate a pagare? Lo 0,1% o qualche cosa di più? Inezie, rispetto agli introiti illegittimi che continuano ad incamerare. È in questo senso che vincono, la fanno franca perché nelle logiche di bilancio dei grandi numeri il danno derivante dal dover osservare ex post la legge, quando vengono condannate, è infinitesimale.

Tornando all’usura, il presidio penale è necessario perché se le banche giocano sporco ci perdiamo tutti. Da un lato sarebbe auspicabile una più severa applicazione della legge da parte delle procure. Dall’altro lato, una maggiore trasparenza sulla catena di responsabilità interna negli istituti bancari. Tutto ciò gioverebbe all’intero sistema, perché spingerebbe gli operatori bancari a lavorare con cautela, nei limiti della legge. Scoraggerebbe le banche dall’operare al limite della legge, tanto da andare oltre soglia con un solo euro in più di commissioni. Alla lunga, si potrebbe addirittura instaurare nuovamente quel clima di fiducia tra banca e cliente che è venuto meno durante gli anni della crisi.

5 Reviews

    1. Gent.ma Sig.ra Sartori,
      La ringrazio per il Suo commento.
      Può scrivere direttamente al nostro contatto mail, per avere tutte le informazioni che desidera.
      info@porzaniconsulting.it

  1. Buona sera, ho fatto fare una perizia econometria a mie speß, risulta usura, la banca dovrebbe restituirmi più di 50 mila euro, ma il mio avv, mi dice lascia perdere non si risolve nulla, questo in tribunale a Mantova.

    1. Egr. Sig. Maifredi, Buongiorno.
      La ringrazio per il Suo commento.
      Per avere maggiori informazioni circa la Sua situazione ed avere un parere dall’Ing. Porzani in merito, può scrivere direttamente al nostro contatto mail
      info@porzaniconsulting.it oppure contattarci al numero 0363/221278.

      Buona giornata.

Rispondi a Giuseppe maifredi Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *